Mi sento afferrare da braccia possenti, vengo sollevata e portata in avanti verso la profondità nera dell’acqua. Sono stata presa alla sprovvista ma il mio brutto vizio di essere educata anche quando non serve non mi permette di gridare. Mi attacco alle possenti braccia, stringo così forte da conficcare le unghie sulla pelle, lui non sembra farci caso.
«Ti prego, ti prego, ti prego, no! Non lasciarmi, non buttarmi».
Non mi ascolta, non capisce non lo so, ma vengo portata sempre più avanti. L’acqua ormai mi arriva alla vita.
Sento le urla dalla riva. «Lanciala John!», incitandolo a farmi fare un tuffo.
Aumento la pressione mentre cerco di ancorare le mie gambe alle sue, avanza ancora di qualche passo, di slancio dico in un inglese perfetto «Ho paura! Non so nuotare!».
Si ferma all’istante ma non mi molla, sento il suo respiro sfiorare il mio orecchio, le sue labbra vicine, restiamo così per un tempo indefinito, il livello dell’acqua è salito ancora e mi arriva al petto, vorrei tornasse indietro anche solo pochi metri ma non riesco a formulare nient’altro.
Le voci dietro di noi si sono attenuate, segno che hanno perso interesse, restiamo immobili senza far accadere nulla da qualche minuto.
«Ti prego, non farlo. Non lasciarmi andare, farò tutto quello che vuoi. Ti prego!» ripeto in preda all’ansia.
«Proprio tutto quello che voglio?» mi chiede con voce calda spezzando la lunga attesa.
Mugugno un suono incompressibile dando il mio assenso, sono paralizzata, ho il respiro affannato, credo abbia percepito il mio stato d’animo abbassa ancora di più il tono, è calmo semplice, gentile.
«Tranquilla, non ti lascio, qui non tocchi ma ci sono io, ti tengo».
Adesso che so di non toccare sono ancora più spaventata, aumento la pressione delle mani, ho le nocche bianche dallo sforzo.
«Ora, lentamente ti faccio girare verso di me, voglio guardarti negli occhi».
Il suo inglese è fluente e ringrazio Andrea per avermi costretto ad imparalo portandomi con sé in viaggio.
Fa ciò che ha anticipato poco prima con molta cautela, d’istinto mi ritrovo avvinghiata a lui.
Cattura le mie gambe e le posiziona attorno alla sua vita mantenendo salda la presa sui miei fianchi, mi sorregge senza fatica. Vengo sollevata in modo da guadagnare qualche centimetro, porto le mani sulla sua nuca e restiamo sospesi con il viso allo stesso livello. Riusciamo a guardarci dritto negli occhi.
Ride divertito, io mi sento una stupida. Credo di essere diventata bordeaux.
«Non è divertente, non è educato ridere delle paure altrui». Sono offesa e non riesco a stemperare la tensione, mi trovo in un terreno ancora troppo fuori dalla mia sicurezza per potermi rilassare.
«Chiedimi tutto quello che vuoi e usciamo dall’acqua per favore».
«Ci sto pensando».
«Puoi pensare più in fretta non sono a mio agio in questa situazione».
È colpito dalla mia preparazione linguistica, me lo fa notare. Prende tempo, sostiene il mio sguardo e si diverte ma non osa fare battute sarcastiche.
«Baciami!» dice di slancio con malizia.
Sto al gioco. «Ok!» rispondo senza muovermi di un millimetro.
Rifletto veloce su come uscire, senza peggiorare, da questo assurdo e surreale contesto, sono stata troppo avventata, ho accettato su due piedi senza nemmeno provare a contrattare. Questo bacio è il pegno che devo pagare per la mia assurda paura dell’acqua, pago sempre i miei debiti ma devo almeno tentare di farmi portare via di qui per riacquistare parte di quella lucidità che ho perso.
«Credo che abbiamo già dato spettacolo a sufficienza, vuoi un bacio? Lo avrai!» dico risoluta e convinta di ciò che esce dalla mia bocca. «Non qui, e non ora!» aggiungo spostando finalmente lo sguardo verso le poche persone a riva che ancora sono interessate a ciò che ci sta capitando.
John alza un sopracciglio, resta immobile indeciso sul da farsi, non mi molla ma non accenna nemmeno a prendersi il suo bacio, sta forzatamente rimandando il momento, sembra riflettere sulle mie parole, non segue il mio sguardo non gliene importa nulla dello spettacolo che stiamo provocando, mi solletica la pelle richiamando la mia attenzione su di lui.
«Non qui, non ora!» ripete con calma, poi si incammina verso riva tenendomi stretta a lui.
Quando siamo vicini alla spiaggia si ferma e mi fa scendere, appena tocco terra, mi stacco e mi allontano alla svelta evitando con astuzia il volto indagatore di Martina. Afferro il telo che mi porge e mi ci avvolgo sedendomi imbronciata poco distante. Non nascondo di sentirmi in imbarazzo ma devo ammettere che nonostante la posizione scomoda in cui mi aveva messo stavo decisamente meglio in mezzo all’acqua ancorata al suo corpo muscoloso.
Vedo mia cugina raccogliere le sue cose e mettere fine alla lunga giornata, in un istante riesco a ricordarmi del bene che le voglio, lei sa sempre cosa fare quando sono in difficoltà. Sono sollevata, posso tornare a casa ed estraniarmi dal mondo per qualche giorno, questo bagno tra la folla, e non solo, mi ha messo a dura prova.
Resto indietro, lavo via i sassolini nelle scarpe sulla riva. Martina sta aiutando suo marito a caricare le bici sul furgone a noleggio, sono una strana coppia mal assortita ma si completano, lei spiega lui esegue.
John viene verso di me, mi aspetta.
«Sei tornato per il tuo bacio?» Tento di farla finita, sono stanca, l’atmosfera è scemata e non mi va di continuare con questo stupido gioco.
Mi avvicino decisa e gli dono un bacio a stampo effetto sorpresa. «Vuoi un bacio come questo?» chiedo indispettita. Non perdo tempo, vorrei incrementare con una fredda battuta sarcastica per accertarmi che sia contento e che siamo pari ma raccolgo la borsa e cerco di raggiungere mia cugina scappando il più lontano possibile. Mi blocca, mi prende per un braccio e mi attira a sé, una mano aperta sulla schiena per non permettermi di fuggire. Sono attratta dal suo sguardo magnetico, sollevo il volto nella sua direzione rapita dai suoi occhi di ghiaccio. Si avvicina, sento il suo alito caldo, mi sfiora leggero, percepisco la morbidezza delle sue labbra, si ritrae appena, è tutto rallentato, il contatto è dolce, delicato, sa di buono. Lui si fa strada e intensifica i movimenti esperti sulla mia bocca senza fretta. Le lingue si esplorano, si cercano, sono avide e bisognose. John ci mette impegno, passione e dedizione. Solletica i miei sensi lasciando che assapori il gusto profondo di quel gesto sensuale. Una lunga scarica di eccitazione si propaga fino al basso ventre, mi estraneo, tutti i miei pensieri si sono eclissati portandomi lontana. Non esiste più nulla per tutta la durata del bacio, poi si stacca, troppo in fretta forse.
«No, un bacio come questo». Mi lascia ansimante e senza fiato per tornare dal resto del gruppo e sparire sul sedile passeggero del furgone.
Erica Curci