Lo stavo aspettando all’ingresso del viale, era sempre puntuale ed io ero pronta da sempre. Avevo indossato un mini abito color corallo, complice un caldo appiccicoso.
Volevo che fosse tutto perfetto, ero andata mille volte ad assicurarmi del menù, avevo scelto tutto io, alcuni erano i suoi piatti preferiti, volevo che capisse quanto lo conoscessi bene e quanto tenessi a lui.
Immersa in questi pensieri, non mi ero accorta che aveva già parcheggiato e mi stava venendo incontro.
«Ciao, ben arrivato», la mia voce era squillante e cristallina come l’acqua che sgorga dai monti, ma il mio sorriso un attimo dopo si congelò, anche se c’erano trentacinque gradi.
Si palesò una ragazza che sembrava una modella, alta un metro e ottanta, magrissima e con una gonna bianca super aderente.
Il mio cuore fece una capriola nel petto e avrei voluto urlare: «Chi accidenti è questa? Perché l’hai portata? Doveva essere la nostra serata!», ma da signora quale sono, feci la mia parte alla perfezione.
La location sul lungomare era molto semplice in realtà anche se aveva un’atmosfera suggestiva, forse per le luci soffuse, forse per il suono del mare che si infrangeva sulla spiaggia sotto di noi o per le luci della città che si stagliavano all’orizzonte.
«Ma che bello qui» esclamò sorpresa la ragazza dalla gonna aderentissima, «ci rimarrei volentieri», aggiunse.
«Potrei anche strozzarti se osi solo pensarlo ancora» pensai senza aprire bocca.
«Tu ti siedi qui, vero?» mi disse con un tono che non consentiva obiezioni, indicando la sedia di fronte a lui.
Non potevo chiedere di meglio.
La cena era squisita, ma io guardavo quello che stava accadendo sotto i miei occhi e cercavo di capire.
Tutti parlavano con tutti, ma lei non parlò mai con lui e lui guardava me.
Ma perché l’ha portata qui?
«Volete il dolce o preferite un caffè?», chiese la signora che gestiva il ristorante.
La sua voce mi riportò alla realtà e ormai capivo meno di prima.
In passato c’erano state molte occasioni tra di noi in cui sarebbe potuto succedere qualcosa, la cena di stasera sarebbe stata l’ultima chance, dopodiché avrei svoltato pagina, non potevo continuare a sperare che si accorgesse di me.
Forse un caffè mi avrebbe fatto digerire un po’, quando improvvisamente me lo ritrovai dietro la mia sedia.
«Ho voglia di fare due passi, scendiamo in spiaggia?», prendendomi per mano e trascinandomi via dalla compagnia.
Mi strinse in un abbraccio gentile, mise il suo braccio intorno alla mia vita e scendemmo giù.La luna era dalla mia parte, rotonda e piena, e illuminava con la sua luce dolce tutto l’arenile.
Camminammo lungo il bagnasciuga, abbracciati dalla vita, in silenzio, mentre nella mia testa vortici di pensieri si accavallavano e l’acqua saliva sulle nostre caviglie e poi si ritirava, quasi come a chiedere scusa per disturbare un momento così intenso.
«Sei felice che sia venuto?», mi sorprese con le sue parole, voltandosi verso di me.
«Sì», la mia voce era quasi un bisbiglio, non riuscii a dire altro.
«Di poche parole stasera? non è da te», continuò, come uno che ti conosce bene.«Mi sto godendo il momento, solo questo», proseguii senza troppa convinzione.
Non sapevo cosa pensare, non volevo espormi, speravo che lo facesse lui.
Una piccola onda ci schizzò fin sulle gambe e sui vestiti, ci allontanammo di corsa, prendendoci per mano come due bambini.
Ci fermammo, mi prese le mani, guardandomi negli occhi.
Le sue dita iniziarono ad accarezzare le mie, arrivarono sul palmo e poi sul dorso.
Portò le mie braccia dietro la mia schiena e mi avvolse con le sue, tirandomi a sé.
Appoggiai la mia testa sulle sue spalle, inspirando il suo profumo, con una voglia pazzesca di baciarlo sul collo. Chiusi gli occhi, sperando di rimanere così per sempre.
«Sono qui per te stasera, lei è solo una cara amica» mi sussurrò nell’orecchio, «non devi essere gelosa!»
Alzai lo sguardo, quasi non ci credevo.
«Per favore potresti ripetere? non sono sicura di aver capito bene.»
Mi sorrise e mi strinse a sé.
«Hai capito benissimo, io sto bene con te, pensavo fosse chiaro da molto tempo, o devo dubitare della tua intelligenza?», ecco ora era lui, quello che mi prendeva dolcemente in giro.
«Ho una voglia matta di baciarti», continuò , «e voglio farlo ora».
Mi accarezzò il viso e le sue labbra si avvicinarono alle mie, le nostre labbra si sfiorarono, una volta e un’altra ancora.
Ci guardammo negli occhi, avevamo aspettato troppo tempo, ora lo avevamo capito.
Come due affamati d’amore, ci cercammo, ci stringemmo in un turbinio d’amore.
Le labbra si schiusero al desiderio, mentre le nostre braccia si stringevano intorno ai nostri corpi, come ad essere certi che non saremmo più andati via.
Il resto del mondo sparì, c’eravamo solo noi, noi due e la luna, che ci guardava benevola dal cielo, la luna che sapeva prima di noi.
Ci staccammo a fatica e iniziammo a ridere. Quanto eravamo stati sciocchi, quanto tempo avevamo perso, ma ora finalmente lo avevamo capito.
Ci amavamo da sempre e per sempre.
Maria Cristina Schiavone