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«Al di là del giornalismo, mia madre ha lasciato un’eredità di amore»

Il meraviglioso incontro con Anna Politkovskaja, sulla carta. E poi, dal vivo, con sua figlia Vera. Ecco i grandi doni che fanno i libri

I libri sono importanti. Ma più importanti ancora dei libri sono le persone. Il mio mestiere di scrittrice e giornalista mi regala ogni giorno il privilegio di incontrare, intervistare e raccontare persone di ogni tipo. Interessanti, in genere. Meravigliose, a volte.
Una delle persone che più mi hanno colpito in assoluto è Anna Politkovskaja, giornalista russa uccisa nel 2006 al culmine della sua carriera di cronista appassionata e coraggiosa. «Non faccio nulla di speciale – diceva – racconto solo ciò che vedo». In realtà, di cose speciali ne ha fatte parecchie, oltre al documentare per anni il regime di Vladimir Putin e gli orrori della guerra in Cecenia. Ha aiutato le persone. È andata oltre quaranta volte sul fronte di guerra. Per difendere gli ultimi. Lottare per la libertà. Raccontare la verità.
Non ho mai avuto il privilegio di conoscerla di persona, ma l’ho letta, ammirata, studiata. E messa al centro di due libri.
Il primo è “Il sogno di Anna”, un romanzo per ragazzi pubblicato da Feltrinelli, che ha raccontato ai più giovani il mestiere di giornalista. E le gesta di questa cronista coraggiosa.
Il secondo, uscito (per caso) proprio nel marzo del 2022 all’indomani dello scoppio della guerra russa contro l’Ucraina, “Anna Politkovskaja. Reporter per amore”. Pubblicato da Morellini, fa parte della collana “Femminile Singolare” che, curata da Sara Rattaro e Anna di Cagno, racconta le biografie di grandi donne con una cornice romanzesca.
Il libro ha contribuito a far conoscere a un pubblico più ampio la storia e il sacrificio di Anna, in un periodo in cui la furia del despota russo ha ricominciato a insanguinare il mondo.
Un anno dopo, nel febbraio 2023, sono stati sempre i libri a regalarmi una grande opportunità (e una gioia enorme): incontrare di persona la figlia di Anna, Vera Politkovskaja, a Milano per presentare il suo libro “Una madre” (Rizzoli), Vera ha raccontato Anna e il suo Paese. La ferita mai rimarginata della perdita, il dolore causato da questa guerra. E la paura. La paura che, oggi, per lei, prevale sulla speranza. E che l’ha spinta ad abbandonare il suo Paese con la figlia adolescente Anna Viktorija, chiamata così in onore della sua valorosa nonna. Quella nonna che non ha fatto in tempo a conoscere.
Per tutto il tempo, Vera è rimasta seria, era quasi mesta. Mai una luce a illuminare il suo sguardo dolce e intelligente. Finché, al minuto 40, quando si è trovata a raccontare il suo passato da violinista, ha finalmente sorriso per la prima volta. Ed è stato come se il macigno gelato che gravava sul cuore di tutti i presenti, sul palco e in platea, avesse iniziato a sciogliersi.
Almeno un po’.
A incontro finito, grazie ai buoni uffici dell’amica Luisa Colicchio dell’ufficio stampa Rizzoli, ho potuto conoscere Vera, regalarle il mio libro e dirle quanto amassi e stimassi (anzi: quanto amo e stimo) sua madre. E lei ci ha regalato un nuovo, meraviglioso, sorriso. Un sorriso di figlia, madre e combattente. Come madre, figlia e combattente è stata, fino al suo ultimo giorno, la sua incredibile mamma. Anzi, mom, come mi ha scritto nella dedica.
W le meravigliose donne come Vera e Anna. Come le donne di Femminile Singolare. Come le donne tutte!

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