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Ruth Handler

Non è solo un colpo di scena se nel film di Greta Gerwig campione d’incassi “Barbie”, la famosa bambola, in fuga dagli uomini della Mattel che la vogliono mettere in una scatola, incontra in un’atmosfera magica colei che l’ha creata.
Barbie è confusa e spaventata, ma sulle note della canzone di Billie Eilish si concede una tazza di thè confessando la sua paura di essere “catturata”. Ora che è umana le parole «What was I made for», hanno un significato speciale. Barbie sussurra a quella signora che le appare così affascinante quanto sia preoccupata nel non riconoscersi più, nel non capire che emozioni provare non sapendo per cosa è stata creata, non sentendosi più in un corpo di plastica ma con il desiderio di essere qualcun altro. La vecchia signora sorridendo le dice con dolcezza:
«Tu sei Perfetta così come sei».
Barbie le chiede il nome e la risposta è semplice:
«Ruth».
Ruth Handler creò nel 1959 quella che sarebbe diventata la bambola più famosa al mondo e cercò per tutta la vita di contrastare l’opinione femminista che snaturava il senso vero della sua creazione: infondere il coraggio alle bambine, future donne, di essere sé stesse e sapere di poter diventare ciò che si sogna.
Fu questa la sua visione tutta al femminile: in un tempo in cui solo gli uomini possedevano la carta di credito, Barbie poteva acquistare tutti i vestiti che voleva.
Ancora, nel 1965 Ruth inventò Astronaut Barbie, la bambola astronauta che conquistò la luna esattamente quattro anni prima che Neil Armstrong toccasse il suolo lunare.
Anche la disabilità venne rappresentata in modo inclusivo attraverso le sue bambole e Becky fu la prima… ma da qui inizia il mio racconto.

Ruth Handler è una delle 27 donne presenti nella raccolta “Ritratti di donne 2“.

COVER RITRATTI DI DONNE 2

Cristiana Mantovani nata a Padova, vive a Numana. Specialista nella relazione di aiuto come Expert Counselor si specializza in Mediazio­ne Familiare. Fin da piccola ama scrivere, ma è solo grazie ai corsi di scrittura di Sara Rattaro e a quelli di poesia di Elena Mearini che il suo sentire trova una vera casa. Con Morellini Editore pubblica un racconto in Ritratti di donne e, dopo aver frequentato la Fabbrica delle storie, uno in Cambiare il finale. Entrambe le raccolte sono curate da Sara Rattaro. Tre sue poesie sono pubblicate in Di vuoto in vuoto un’antologia poetica degli allievi della Piccola Accademia di Poesia.

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