Arrivano le vacanze estive, e con le vacanze la voglia di esplorare posti nuovi, immergersi in nuove culture e scoprire antiche tradizioni. Se la Sardegna è la vostra mèta, ecco per voi alcuni romanzi e due guide per avvicinarsi allo spirito e al cuore dell’isola.

La Sardegna sembra nascondere tanti misteri. Chi dice di aver svelato il cuore della fascinazione che l’isola ha esercitato ed esercita ancora sui suoi abitanti e su chi la visita da estraneo, probabilmente si sbaglia. Questo perché non c’è in realtà nulla da capire, ma molto da sentire, da percepire. È il respiro di una terra che, per una serie di circostanze insondabili, legate a un passato ancora fumoso e indecifrabile, sembra legarsi ai nostri sentimenti più profondi di malinconia, di nostalgia di casa. Una casa che forse non abbiamo mai avuto, ma che la Sardegna sembra rievocare.

“Il Cuore Scalzo”, di Silvia Sanna, racconta la fierezza, l’alterigia virtuosa di chi conserva in sé il ricordo di una Sardegna idilliaca, quasi arcadica, nel momento in cui la modernità inizia a insinuarsi nell’entroterra boscoso e selvaggio. Il fotogramma di questa epoca di cambiamento è raccontato attraverso il personaggio di Grazia Deledda, scrittrice nuorese insignita del Premio Nobel nel 1926, che nella sua opera ha restituito ai posteri proprio questa immagine di Sardegna. Nel romanzo, questa idea dell’isola si incontra con gli sguardi indagatori e maliziosi degli stranieri, che non riescono a cogliere lo spirito di questi ricordi come chi li ha vissuti, e forse con invidia cercano di ridurre a superbia e pienezza di sé quello che in realtà è un profondo amore per la propria terra e per le proprie radici. Ma non solo: nella passione di Grazia Deledda per la scrittura e la poesia si ritrova anche l’impulso giovanile alla scoperta del mondo, alla celebrazione degli istinti più umani e alla libera espressione di sé.

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“D’altronde scrivere è un atto d’amore, non crede? Per me è un bisogno primordiale, un impulso fisico come quello che accende gli adolescenti che cercano, come possono, di capire il mondo che li circonda. Scrivere significa mantenersi sempre giovani e aprirsi verso l’ignoto, è un invito al dialogo con l’anima e con il mondo. Noi scrittori, proprio come i giovani, abbiamo il desiderio di lasciare una nostra impronta, affermare la nostra esistenza, la nostra libertà. La scrittura, come la gioventù, è un atto rivoluzionario”.

La Sardegna è una terra di montagne basse e levigate, di leccete millenarie e resti di antiche civiltà le cui origini sono ancora sconosciute. Esprime la saggezza di una terra antica, la grandezza di un anziano signore ricurvo che sussurra, con la poca voce che gli resta, in una lingua quasi incomprensibile, i misteri del suo passato.

In “Nero Carbone”, romanzo di Patrizia Napoleone, è proprio questo spirito ad emergere, con tutte le sue contraddizioni. L’attaccamento al passato, alla terra, fa emergere profondi rancori; il rancore che cresce negli angoli delle deserte campagne sarde può essere profondamente doloroso, e assume il colore del sanguinaccio viscoso, o del vino più aspro e scuro. Ma non solo rancore e avarizia racchiude la cultura secolare di queste terre, ma anche amore per la famiglia, fedeltà amicale e mite laboriosità, sviluppata in sintonia con il ritmo della terra e le sue esigenze. Il romanzo, ambientato nei difficili anni delle guerre mondiali, si apre con la vicenda di Tanì, giovane servo pastore che si imbarca nella tragica avventura della Prima Guerra Mondiale, per poi estendersi nel tempo attraverso le generazioni, raccontando l’epoca d’oro del carbone e dell’industrializzazione dell’isola, e la sua crisi. Estrazione del carbone che in Sardegna ha lasciato profonde tracce, e le cui miniere sono ancora visitabili, offrendo un’esperienza interessante e suggestiva.

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Nel romanzo emerge anche la magia del paesaggio campestre della Sardegna meridionale, chiaro e luminoso, circondato dal mare e punteggiato di misteri e testimonianze del passato: ad esempio il santuario del Monte Sirai, nei pressi di Carbonia, edificato dai Fenici di Tiro, che nella storia di Tanì assume un profondo significato spirituale.

“Un giorno risalì fino al Monte Sirai e, trepidante come il bambino di tanto tempo prima, arrivò al sito dove le antiche mamme deponevano le brocchette di creta per i piccoli figli morti. Era lì che andava a piangere la mamma che non c’era più, lì si era rifugiato quando il padre lo aveva affidato a Zannas come servo pastore. Ricordò la sua disperazione, perché lì, dove Zannas lo trovò nascosto, era finita la sua infanzia. Ora sentiva sciogliersi quel gelo che lo aveva preso quando la voce del pastore padrone lo aveva afferrato come un artiglio, un inverno che cedeva ai germogli sui rami nudi e si dette pace”.

“L’Isuledda” di Antonella Ferrari si ambienta inizialmente nella Sardegna del XVIII secolo, seguendo le vicende della famiglia Garavaglia e della comunità di Oviddè. Nella seconda parte del libro, ambientata a San Teodoro nel 2018, si seguono le vicende di Laura, una donna di 47 anni che trova un lavoro estivo in un negozio di abbigliamento a San Teodoro.

Il romanzo esplora temi di amore, perdita e resilienza attraverso le esperienze di Giulia, che cresce sotto la protezione e l’affetto della comunità, e in particolare di suor Concetta. Le interazioni tra i personaggi mettono in luce le sfide della vita rurale del tempo, nonché la forza dei legami familiari e comunitari.

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Il cambiamento personale, l’autenticità del luogo, il senso di comunità e relazioni sociali, e il legame spirituale con il territorio caratterizzano invece la seconda parte del romanzo, attraverso il rapporto intimo che lega la protagonista alla Sardegna. Laura sembra infatti avere una connessione speciale con questa terra e con le sue tradizioni, connessione che le permette di coglierne le sfumature, aldilà dell’immagine turistica dell’isola.

“Nei suoi post sui social, Laura mostra un angolo di Sardegna diverso dall’immagine patinata delle riviste. Chi non è mai stato qui immagina lusso e prezzi stratosferici, ma non è così. Quindi perché rinunciare a un porceddu, alle cozze di Olbia o alla dolcezza delle seadas?”

Una dolorosa vicenda personale si svolge sullo sfondo di quella che sta per diventare la scintillante e glamour Costa Smeralda. “La luce bianca del mattino”, di Cecilia Parodi, è ambientato negli anni ’60 La Maddalena e Olbia, raccolta di una Sardegna antica, a partire dalle tradizioni medicamentose di una curatrice.

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Bianca è una bambina silenziosa ed introversa che vive sulla piccola isola de La Maddalena, in Sardegna. Il padre Pietro e la mamma Ileana sono adulti ombrosi, e inclini a liti violente. Bianca trova conforto nella figura di nonna Ninì e nelle suggestioni della natura. Quando, per le ambizioni di Ileana, la famiglia si trasferisce ad Olbia, Bianca inizia il percorso di crescita che dall’infanzia la porterà ad essere una giovane donna, comunque impreparata alle tristi sorprese della vita. La morte, infatti, irrompe nella sua famiglia portandole via la nonna e l’adorato padre. Bianca si ritrova sola con una madre immatura ed autodistruttiva. L’incontro con signora Caterina, un’anziana che prepara unguenti curativi, porterà Bianca alla riscoperta degli insegnamenti del padre ed alla rivelazione di un triste segreto. Bianca imparerà che comprensione e cambiamento sono la chiave per cancellare il dolore che da generazioni scorre nel suo sangue, e che liberando se stessa, affermando la propria identità e creatività, lei riuscirà a spezzare le catene del destino. Un viaggio tra i profumi della macchia mediterranea alla ricerca del perdono, della libertà e dell’amore senza tempo tra un padre e una figlia.

Parte in Sardegna per poi svolgersi a Milano, e raccontare una storia di migrazione, “Come roccia sgretolata” di Alessio Petretto, romanzo giunto finalista al prestigioso Premio Deledda 2020.

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In un piccolo paese della Sardegna un bambino risente della personalità forte e spigolosa del padre. Fa da contraltare una madre che con dignità cerca di mitigare l’atteggiamento paterno nei confronti del figlio. La precoce morte dell’uomo costringe la famiglia al trasferimento in una città del Nord. Qui, nella prima adolescenza, il ragazzo continua a portarsi appresso i complessi psicologici accumulati nell’infanzia, che pian piano svaniscono, in un percorso di crescita fatto di nuove compagnie ed esperienze che lo aiuteranno a convincersi del suo valore. Sarà però il fratello a turbare la serenità della famiglia, in una spirale sempre più soffocante di vicende e segreti. La sofferenza della madre, che si fa carico dell’insopportabile peso delle disgrazie del primogenito, porterà la donna ad accettare passivamente la vita. Il protagonista è costretto a seguire l’ineluttabile corso degli eventi che lo porterà, in ultima istanza, al rientro nel paese natio, con un carico di dolore che neanche l’affetto dai parenti rimasti basterà a lenire.

Infine, due guide a Cagliari di Claudia Rabellino Becce, “Cagliari” (collana Morellini/Feltrinelli) e “Cagliari al femminile” per conoscere l’anima del capoluogo della regione, raccontata da una insider.

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