Il primo Premio Nobel italiano per la Letteratura raccontato da un’autrice sarda
La vicenda, narrata in prima persona da Grazia Deledda, è ambientata tra Roma e Stoccolma nel 1927 e si apre con la già affermata scrittrice che cena con la sua famiglia: il marito Palmiro e il figlio maggiore Sardus. La serata viene interrotta da un giornalista sconosciuto che si presenta alla porta annunciando che a Grazia è stato assegnato il Premio Nobel per la Letteratura. Un mese dopo Grazia e Palmiro intraprendono uno scomodo viaggio verso Stoccolma per ricevere il premio. Durante la traversata per terra e per mare, Grazia è tormentata dai sintomi di una malattia di cui è appena venuta a conoscenza. Durante una notte tormentata Grazia sogna del suo passato in Sardegna. Questa esperienza onirica intensifica il suo desiderio di tornare nella sua terra natìa e concludere lì la sua vita. Nella lunga intervista rilasciata a un giornalista, un lungo flusso di coscienza ci guida attraverso la vita di Grazia. Nonostante il successo, Deledda non dimentica le sue radici: il legame con la famiglia d’origine e con la Sardegna sono sempre presenti nelle sue parole come nei suoi romanzi. Solo dopo aver sondato le profondità dei suoi tormenti e averli portati alla luce, la scrittrice riesce a guadagnarsi la solidarietà del giornalista che riconosce, negli affanni di Grazia, i segni della stessa malattia che ha portato via sua moglie.
Laureata in Lettere moderne, è un’insegnante di sostegno della scuola primaria e docente di corsi di scrittura creativa. Tra le sue pubblicazioni: Fabrizio De André: storie, memorie ed echi letterari (Effepi Libri, 2009), 100 giorni sull’isola dei cassintegrati (Il Maestrale,...
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