La poesia è da sempre debitrice dell’assenza, nasce dal posto vuoto che ci occupa, da quello spazio inabitabile che ognuno di noi porta dentro. La parola poetica diventa allora una sorta di calzare capace di renderci degli “incamminati nell’impossibile”.
In questo ultimo anno didattico abbiamo deciso di attraversare il tema dell’assenza, percorrerne i vicoli ciechi e quelli vedenti, interrogarne le paure e i desideri.
Gli allievi della nostra Piccola Accademia di Poesia si sono confrontati con diversi gradi e pesi specifici dell’assenza, passando dalla “pietra leggera” di Bertolucci al masso insostenibile che “ frantuma le mani” di Julio Cortazàr.
Insieme ai docenti Marco Saya e Angelo De Stefano ho voluto indagare la carne di quei fantasmi che accompagnano i passi di ognuno giurando fedeltà assoluta. Tanto devoti a noi da costringerci a guardarli e capire che sono fatti di una stoffa comune a quella dei sogni. Una stoffa che la poesia sa disfare e ricucire con il punto della bellezza.
Ringrazio gli allievi per essersi consegnati senza risparmio alla parola.