Progetto senza titolo12

Continuiamo con l’alfabeto della metropolitana di Parigi…

E – EQUAZIONI

Le persone sono sempre molto sorprese quando scoprono che uno dei miei sogni nel cassetto è quello di riprendere lo studio della matematica, abbandonata alla fine del liceo scientifico.
Non ricordo più nulla degli studi di funzioni, degli asintoti, delle derivate. Non so più nemmeno calcolare una radice quadrata. È già tanto se riesco a fare una divisione a più cifre, eppure il fascino per questa disciplina dimora intatto.
L’eleganza di alcune dimostrazioni matematiche si avvicina per me alla bellezza di un racconto di Borges in lingua originale, si apparenta alla vertigine del lettore de “L’isola del giorno prima” di Umberto Eco.
Nei due casi si è davanti a un linguaggio perfetto, necessario, capace di creare universi in continuo movimento.

I matematici raccontano il mondo con un linguaggio elegante e preciso. Pochi romanzieri riescono a fare altrettanto.

Questa mia insolita passione mi porta ad amare particolarmente la linea B della RER, il trenino regionale che collega due dei tre aeroporti di Parigi. Se condividete il mio amore (non sempre corrisposto) per i numeri, vi suggerisco fare sosta in due stazioni della linea B : Gare du Nord e Chatelet.
A Gare du Nord non c’è nemmeno bisogno di spostarsi dalla banchina, per soddisfare le voglie matematiche.  Le pareti del tunnel sono state dipinte di rosa, di arancione, azzurro, verde, per catturare meglio l’attenzione dei viaggiatori. E sui muri colorati campeggiano a lettere cubitali delle equazioni misteriose, iscrizioni incomprensibili ai più.

I pochi fortunati capaci di decifrare i simboli,troveranno una storia nata oltre sessant’anni fa. Una storia che parla di un pianeta che cambia : la terra.
Si tratta delle equazioni utilizzate dal climatologo  giapponese Syukuro Manabe per formulare un primo modello capace di predire i cambiamenti del clima sulla terra.
All’epoca era una preoccupazione per pochi esperti del settore, oggi è un argomento che tocca da vicino ognuno di noi.
Due anni dopo il mio arrivo in Francia, nel 2015, a Parigi si è svolto il COP21, una conferenza sui cambiamenti climatici.  Nello stesso periodo, per mano dell’artista Liam Gillick, le misteriose equazioni di Manabe sono apparse nelle gallerie della metropolitana.
Gillick voleva un linguaggio universale, ed ha scelto la matematica per parlare ai viaggiatori parigini.
Da allora, ogni volta che passo da Gare du Nord, mi trovo ad osservare quelle formule per me bellissime e oscure, chiedendomi se tra quelle “T”, tra quei simboli  e quei differenziali, si trovi nascosta la soluzione ai problemi del nostro pianeta.

Poi salgo a bordo del RER e scendo a Chatelet, per contemplare altre formule scientifiche.
Stavolta per trovarle devo risalire le scale e cercarle tra i corridoi, perché la stazione di Chatelet è immensa e le formule sono scritte in piccolo, nonostante si tratti di scoperte di enorme importanza.
Due volte su tre mi perdo e non riesco a trovare quel che cerco: un basso rilievo creato da  Pierre-Yves Trémois.
Qui non c’entrano i problemi climatici, si parla di fisica quantistica con il principio di indeterminazione di Heisenberg, il modello atomico di Bohr e l’equazione di Erwin Schrödinger.
Se quest’ultimo nome vi fa pensare a un micio in una scatola, avete ragione! L’autore dell’equazione di cui vi parlo è lo stesso Schrödinger del gatto vivo e morto allo stesso tempo.
Osservando la scultura di monsieur Trémois, ritrovo un pezzettino del lavoro svolto dal fisico austriaco all’inizio del secolo scorso.
Anche in questo caso, non capisco un accidente di niente ei triangoli e delle lettere greche incise nel metallo, eppure ne sono affascinata. La formula che fisso senza comprenderla è sinonimo di rivoluzione, di coraggio e, perché no, di follia.
In fondo serve un bel po’ di follia per sfidare Newton e le sue leggi immutabili.
Eppure è quello che è successo con l’arrivo della fisica quantistica: gli scienziati si sono avventurati in un universo inesplorato.
La mela che cade dall’albero non offre più tutte le risposte. Newton diventa di colpo obsoleto.
Quando penso ai primi ricercatori di fisica quantistica, immagino un gruppo di esploratori impavidi, pronti ad attraversare le colonne d’Ercole, come i navigatori del passato.
Schrödinger, assieme a chi lo ha preceduto e seguito, ci ha fatto intravedere un mondo in cui si può essere onda e particella allo stesso momento, un luogo magico in cui è impossibile conoscere contemporaneamente la posizione e la quantità di moto di un elettrone.
L’universo di Schröedinger è un posto in cui la certezza lascia il posto alla probabilità.

Quando ci penso, le ginocchia tremano. Se nemmeno la scienza ha delle risposte definitive, dove spero di andare io, scribacchina dalla testa piena di domande senza risposta? Guardo i viaggiatori che camminano lungo i corridoi, senza fermarsi a guardare le sculture né le equazioni dipinte sui muri. I passeggeri della metropolitana hanno l’aria di sapere sempre dove vanno. Sanno che direzione scegliere, a quale stazione fermarsi. Li invidio un po’.

Quante direzioni ho preso? Due lauree e ancora nessuna idea di cosa farò da grande. E sono già vecchia. Quante volte sono scesa alla stazione sbagliata? Dove voglio andare? Ogni volta mi sforzo di creare un percorso. Ogni volta mi accorgo di aver perso la mappa durante il viaggio.

Il mio sogno nel cassetto probabilmente non si avvererà mai. Non diventerò una ricercatrice di matematica. Il mio universo è fatto di lettere e non di numeri, eppure la scienza mi emoziona e mi commuove. Con linguaggi diversi, noi umani cerchiamo tutti le stesse risposte.

Passare da Chatelet mi ricorda che ci vuole coraggio per rimettersi in gioco, accettando che le proprie verità possano essere superate da nuove scoperte.

Poi prendo una direzione a caso, seguendo una signora con cappotto a quadri bianchi e neri.
Salgo in carrozza e decido di scendere fra cinque stazioni. Perché cinque è un numero primo.
Perché cinque stazioni sono un  lasso di tempo sufficiente per leggere qualche pagina del libro che ho preso in biblioteca.
La signora col cappello giallo scende prima di me. Il libro che sto leggendo mi appassiona. Mi dimentico di scendere alla quinta stazione. Qual è il prossimo numero primo?

Articoli simili