Fummo quello che non si racconta né si ammette, ma che mai si dimentica. (Frida Kahlo)

Gli esami della scuola media erano appena finiti. Promosso, mi ero guadagnato il premio.
«Quest’estate voglio venire a lavorare con te.» Era stata la richiesta a mio padre.
«Prima devi studiare per gli esami e se sarai promosso ti prenderò ai Bagni.»
I Bagni Aurora appartengono alla mia famiglia da sempre, da quando il padre di mio nonno, negli anni venti, iniziò a noleggiare gli ombrelloni sulla spiaggia. Attività continuata da suo figlio, poi da mio papà e oggi, da quando lui si è ritirato, tocca a me.
Fin da bambino sono stati un luogo magico. Ci ho passato tutte le estati: quanti gelati, merende e bibite consumate ai tavolini del bar, davanti alle cabine, dove giocavamo a nascondino. Quanti giochi con la sabbia, decine di bagni in mare e interminabili partite a pallone con i figli dei villeggianti.
Ma quell’estate era diverso.
Quattordici anni, e mi sentivo grande: non era più il tempo di giocare. Mi ero guadagnato un ruolo nuovo. Papà mi aveva fornito la mitica maglietta rossa con il simbolo dei bagni sulla schiena e la scritta “BAGNINO”sul petto, che mia nonna, attenta ai dettagli, aveva corretto, ricamando accanto la parola “assistente”.
Con i gradi guadagnati sul campo, mi davo da fare ad aiutare il bagnino titolare: aprivo le sdraio e gli ombrelloni al mattino per richiuderli la sera, tenevo pulita la spiaggia e seduto in riva scrutavo il mare, sognando di uscire al salvataggio di qualche malcapitato, come avevo visto alla TV, in quella serie di telefilm americani di cui non perdevo una puntata.
Poi, una mattina, la vidi arrivare: la ragazzina più carina che avessi mai incontrato. In un attimo fu come se tutti i granelli di sabbia della spiaggia iniziassero a circolarmi sotto pelle: una sensazione mai provata prima e Costanza divenne il mio tutto.
Era appena giunta dalla città, anche lei reduce dagli esami, in vacanza con la sua famiglia. Due settimane al mare: quattordici giorni, trecento trentasei ore, ventimila centosessanta minuti nei quali i miei occhi e il mio tempo furono solo per lei. Un’amicizia, fra due ragazzini, come tante in spiaggia, con la voglia di stare sempre insieme. Fino all’ultima sera.
La sua famiglia aveva prenotato un tavolo al ristorante dei bagni e lei, al termine della cena, aveva chiesto a suo padre il permesso di venire a passeggiare in riva al mare con me. Mi conoscevano: ero carino e gentile, sempre disponibile con tutti. 
Iniziammo a camminare verso il faro. Ero impacciato e timido, ma trovai il coraggio e allungai la mano per prendere la sua. Lei non la ritrasse e incrociò le dita con le mie. Più ci allontanavamo dalle luci del locale più il buio ci avvolgeva: la tristezza dell’imminente addio era palpabile.
Quando ci sedemmo in riva, con le onde che ci lambivano i piedi, le circondai le spalle con un braccio. Sporse il viso verso il mio e le nostre bocche si toccarono. Non avevo mai baciato una ragazza, non avevo alcuna idea di come si facesse e Costanza neppure. Premetti le mie labbra sulle sue e lei fece altrettanto. Poi ci staccammo e iniziammo a ridere.
Ogni volta che ci ho ripensato, la tenerezza di quel gesto innocente mi ha strappato un sorriso.
Quando ha telefonato per prenotare sdraio e ombrellone per il fine settimana non l’ho riconosciuta. Ho avuto un piccolo dubbio quando, alla mia risposta: “Pronto, Bagni Aurora, sono Enrico”, la sua voce ha avuto una pausa, rapida come un pensiero che attraversa la mente senza fermarsi. Poi ha ripreso e concluso la telefonata, confermando il suo arrivo per oggi.
Trent’anni dopo, passati ancorato a questo mare che non ho mai voluto lasciare, Costanza è qui davanti a me con sua figlia Sara, un’adolescente con i brufoli che non alza gli occhi da terra, persa nella musica delle cuffie stereo.
Le ho accompagnate all’ombrellone, l’ultimo libero della prima fila, quello che tengo riservato per i casi speciali. E questo lo era.
 L’offerta di un caffè al bar ed è stato naturale raccontarci la vita, gli occhi negli occhi.
Gli studi all’università e un lavoro nella finanza per lei. Un matrimonio, una figlia, il rapporto che va in frantumi e poi il divorzio. Oggi una vita divisa fra le responsabilità della professione e l’impegno della gestione di Sara, giovane ribelle.
Per me un diploma mai utilizzato e poi la gestione dei bagni, dopo il ritiro di mio padre. Alcuni flirt estivi, grazie al fascino del bagnino,  ma solo avventure, senza mai una storia seria. Un lupo solitario, con fama del single per vocazione.
«In realtà non ho mai dimenticato quel primo bacio, se poi si può chiamare bacio…» Non volevo dirglielo, ma mi è uscito di getto, incantato dal suo sorriso triste.
«Nemmeno io, Enrico ed è stato proprio un bacio, credimi, il più delicato e sincero mai ricevuto.»
Lo sguardo di chi vorrebbe riprovarci.
Il rumore lontano del mare sembra invitarci a riprendere quella passeggiata mano nella mano, alla scoperta di una vita a due tutta da inventare. Con dieci, cento, mille nuovi baci.




Claudio Righenzi

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