Finalmente erano arrivati i nostri giorni di vacanza. Destinazione Liguria. Previsioni: cielo variabile e mareggiate!
Per tutto il viaggio avevo ripassato le parole giuste per convincere Edoardo, mio marito. L’attico fronte mare dei suoi genitori, morti in un terribile incidente, richiedeva una ristrutturazione. Sono un’architetta e desideravo trasformarlo in un luogo glamour e poi inserirne le fotografie nel mio sito internet. Sarebbe stata una grande pubblicità!
Invece la risposta era stata incredibile: «L’appartamento non si tocca. Troppi ricordi».
Mi ero bloccata, mentre l’irritazione mi trasformava in un vulcano.
Non era andata così due anni prima. Ero stata invitata da una coppia a cui avevo appena ristrutturato casa. Mi avevano avvisata che ci sarebbe stato anche un imprenditore, cercava un architetto per la sua villa.
E così mi ero trovata davanti Edoardo, con quel sorriso irresistibile che illuminava due occhi iridescenti. Un uomo talmente raffinato che su di lui jeans e camicia bianca davano lo stesso risultato di un doppiopetto di alta fattura. Un uomo di classe.
Edoardo quella sera aveva magnificato il mio lavoro: i dettagli, gli arredi cercati in ogni parte del mondo. Si era appassionato al racconto dei miei progetti e della mia infatuazione per le azalee. Poi avevamo parlato di viaggi e delle sue auto d’epoca, per le quali desiderava uno spazio adeguato nell’interrato della nuova villa.
A fine serata si era offerto di accompagnarmi. «Tu sei l’architetto giusto per me. Puoi cominciare quando vuoi». Un elegante baciamano mi aveva fatto arrossire.
Mentre risaliva sulla spyder però aveva aggiunto: «Ma niente color sabbia, mi raccomando», ed era partito veloce lasciandomi di sasso: il sabbia era il leit motiv di tutti i miei progetti!
Non avevo dormito tutta la notte. Morivo dal desiderio di lavorare per lui, ma non avrei mai rinunciato ad usare quel colore.
Il mattino dopo mi aveva svegliato un fioraio con un enorme vaso di azalee e un biglietto: “Fiori meravigliosi. Ne riempiremo il giardino!”.
Da quel momento avevamo iniziato a vederci, fino a quando sei mesi dopo Edoardo mi aveva afferrato il mento e, tenendo spalancati gli occhi nei miei, aveva sussurrato: «Sposami. Vivremo felici in questa villa che hai reso splendida!».
Inutile dire che alla fine le pareti della villa erano tutte color sabbia.
Ed ora ero qui a piangere sulla terrazza che sarebbe stata testimone della fine della nostra storia mentre lui era uscito a sbollire. Al diavolo Edoardo! Perché non capiva quanto per me fosse importante quella ristrutturazione?
Avevo sposato un uomo egoista, ma non l’avevo capito fino a quel momento. Quanto ero stata sciocca! La situazione era chiara: la nostra storia finiva qui.
Un elicottero passò sopra la terrazza. Allungai lo sguardo e vidi che in spiaggia si era radunata una folla. Una motovedetta stava cercando di avvicinarsi a riva ma la mareggiata la spingeva verso gli scogli. Le onde arrabbiate non facevano capire cosa stesse succedendo.
D’improvviso suonò dentro di me un campanello. Prima di uscire Edoardo, teso e irritato dalla nostra discussione, aveva preso un telo da spiaggia. Dove era andato?
L’ansia prese il sopravvento.
Mi buttai giù per le scale. Raggiunsi il marciapiede e iniziai a correre forte. Sentii l’urlo di un’ambulanza alle mie spalle.
Incurante della sabbia che penetrava nelle scarpe mi insinuai tra la gente con la forza di un giocatore di rugby. In terra c’era l’asciugamano di Edoardo, le chiavi di casa e le scarpe buttati alla rinfusa. Mi ci gettai sopra gridando alle persone: «Dov’è, ditemi dov’è. Vi prego!». Ricevetti sguardi colmi di pietà.
Una signora mi sfiorò. «Sembra che abbiano individuato la ragazza».
« Ragazza? Ma… Io cerco mio marito!».
«Non so, parlano di un uomo e di una giovane».
Non ci stavo capendo niente.
Qualcuno disse: «L’hanno trovata per fortuna! È andata bene, con un mare così è difficile uscirne vivi!».
Ero in stato confusionale: una ragazza, Edoardo, il rumore dell’elicottero.
Sentii un applauso. Tutti guardavano in una direzione. Dalle onde emerse Edoardo, sfinito. I bagnini si precipitarono verso di lui, seguiti dagli uomini con la lettiga. Lo sorressero ma lui crollò esausto. I bagnini lo accerchiarono per dargli un po’ di privacy mentre gli infermieri intervenivano.
«Edoardo!», urlai.
«Fatela passare, è mia moglie», sentii la sua voce debole.
Mi precipitai. Una coperta argentata lo copriva, era intirizzito.
«Edoardo, io…», balbettai.
«Quella ragazza sullo scoglio … mi sembravi tu. Un’onda, l’ha trascinata… ho temuto di perderti».
«È colpa mia…», piagnucolai abbracciandolo.
«Sh, no. Sono stato egoista. L’appartamento… non avevo capito quanto per te fosse importante».
Mi attirò sotto lo sguardo di tutta la gente, le sue labbra livide sotto le mie.
Fu il più buon bacio salato della mia vita.
«Voglio che la ristrutturi. Però niente color sabbia», mormorò a fatica.
«Niente sabbia, promesso. Ne hai già mangiata tanta oggi», gli sorrisi.
E questa volta fui io a baciare lui.
Salby